15 luglio 2022, 21:45

One day one day / E noi come stronzi rimanemmo a guardare

Sotto le stelle del cinema, Piazza Maggiore - Bologna

One day one day (Italia/2022) di Olmo Parenti (78'). E noi come stronzi rimanemmo a guardare (Italia/2021) di Pif (108')

SOTTO LE STELLE DEL CINEMA | PREMIO CIPPUTI 2022

Introducono PifFrancesco AltanOlmo Parenti e Cosimo Torlo

ONE DAY ONE DAY
(Italia/2022) di Olmo Parenti (78')
 

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One Day One Day è un documentario coraggioso. Non è facile gettare luci così decise su realtà che la maggior parte delle persone preferisce ignorare. Will Media e A Thing By hanno unito forze e risorse per raccontare la vita a Borgo Mezzanone, baraccopoli nel foggiano abitata soprattutto da migranti africani che fin troppo facilmente restano prigionieri delle maglie del caporalato. Eppure, quanta dignità in questi sguardi. Quanta voglia di rinascita. Quanta fame, fame vera, di vita e umanità. Spero che la nuova emergenza, la nuova ondata di profughi in arrivo dall’Ucraina, faccia comprendere che l’accoglienza per chi fugge da guerre, fame e persecuzioni deve essere rivolta a tutti. Anzi, più che sperare, sono certo che l’aiuto che il terzo settore sta dando alla Protezione Civile nell’accoglienza dei profughi ucraini cambierà la percezione e il racconto che è stato fatto delle Ong da parte degli ultimi governi. Per anni hanno accusato le Ong di essere trafficanti di esseri umani, ma oggi è a loro che si sta rivolgendo chi, per conto del governo italiano, si sta facendo carico di organizzare le nuove vite dei profughi ucraini. Perché le Ong, insieme all’associazionismo spesso religioso, sono state le uniche a essersi occupate di accoglienza e lo hanno fatto nonostante la delegittimazione e le picconate al sistema dell’accoglienza in Italia.

Roberto Saviano

 

Siamo scesi nella capitanata per la prima volta a giugno 2020. L’obiettivo inizialmente era produrre un breve documentario sul fenomeno del caporalato da distribuire online in quello che sembrava un momento di risveglio per la coscienza anche del nostro paese (soprattutto sulla scia della morte di George Floyd). Ci sono bastati pochi giorni per capire che la questione fosse ben più complessa del singolo caporalato; conoscendo questi ragazzi ci siamo resi conto che la tragedia dello sfruttamento sul lavoro – di cui spesso parlano televisioni e giornali – fosse solo la conseguenza dell’immobilità sociale che nel nostro paese avrebbero dovuto affrontare, possibilmente per tutta la vita. [...] Il film è volutamente girato tutto in presa diretta e con la mia voce presente non come voce fuori campo, ma come interlocutore dei protagonisti. Questa è stata una scelta dettata dalla volontà di rendere esplicito l’intento di chi sta dietro la camera e dichiarare quello che potesse essere il suo filtro. È un tentativo di rendere il film il più onesto possibile.

Olmo Parenti

E NOI COME STRONZI RIMANEMMO A GUARDARE
(Italia/2021) di Pif (108')

Algoritmo. Oggi, questa, è la parola chiave per porre fine ad ogni discussione, lamentela o domanda. La frase da pronunciare esatta è: “Lo ha deciso l’algoritmo!”. Accompagnandola con una espressione di rassegnazione e alzando possibilmente le spalle. Come dire: “Io vorrei, ma non posso perché lo ha deciso l’algoritmo”. E visto che l’“algoritmo” ormai sovrintende, sempre più, le dinamiche di gran parte della società, sempre più saremo costretti a fare le cose più insensate e illogiche, cambiando magari usanze e tradizioni, fino a vivere una vita che non ci appartiene. E non sapremo mai il perché, visto che è difficile trovare qualcuno capace di spiegarci come funziona esattamente un algoritmo. Quando poi l’algoritmo si incomincia a utilizzare anche nel mondo del lavoro, quindi dei diritti, e non solo per la prenotazione del biglietto del cinema, allora la cosa diventa maledettamente seria.

Pif

 

Dopo il riuscito esordio di La mafia uccide solo d’estate e il deludente In guerra per amore, Pierfrancesco Dilibero (Pif) con E noi come stronzi rimanemmo a guardare, liberamente ispirato al concept Candido e la tecnologia del collettivo I Diavoli, tenta la strada della comedy fantasy, astratta e stralunata. Lo fa attraverso un film che guarda alcune deviazioni della commedia all’italiana come La vita agra di Lizzani dove c’erano il disagio e la sofferenza dell’Italia post-miracolo economico. Al tempo stesso elabora una critica semplice ma diretta allo schiavismo della tecnologia. Dietro alle corse di Arturo in bici coi tempi di consegna e le penalità per gli errori, c’è probabilmente il bersaglio di Amazon e le condizioni degli impiegati. Diliberto però gioca anche su più campi. Mostra il disagio e la paura del futuro, la mania di essere controllati, l’incapacità di muoversi (lo zaino per le consegne di Arturo che si blocca è una metafora fin troppo evidente). Però gira anche un film fatto di sogni. Il personaggio interpretato efficacemente da Fabio De Luigi richiama il viaggio di Ben Stiller nel suo film più bello come regista, I sogni segreti di Walter Mitty. Inoltre trova dei momenti di comicità amara come nella scena in cui cerca lavoro con delle app ma non c’è più nulla per gli over 40 e cita esplicitamente le corse a vuoto di Ratataplan con Nichetti che compare in un cameo. Forse E noi come stronzi rimanemmo a guardare aveva bisogno di una maggiore cattiveria che si manifesta a intermittenza [...]. Però nella visione del male di vivere e delle molte barriere, anche invisibili, della nostra quotidianità, coglie nel segno.

Simone Emiliani