23 luglio 2022, 21:45

La figlia oscura

Arena Puccini , via Sebastiano Serlio 25/2 40128 Bologna

(The Lost Daughter, USA-Israele/2022) di Maggie Gyllenhaal (121')

Regia: Maggie Gyllenhaal Interpreti: Olivia Colman, Dakota Johnson, Jessie Buckley, Ed Harris, Peter Sarsgaard, Paul Mescal, Alba Rohrwacher, Jack Farthing Origine e produzione: USA, Israele / Osnat Handelsman-Keren, Talia Kleinhendler, Maggie Gyllenhaal, Charles Dorfman, In the Current, Pie Films Durata: 121’ 

Dopo aver incontrato Nina e la sua giovane figlia durante una vacanza in Grecia, Leda, una professoressa universitaria, affronta il suo passato inquietante. La sua ossessione per la donna e sua figlia le fa ricordare la sua prima maternità.

Miglior sceneggiatura a Maggie Gyllenhaal alla Mostra del Cinema di Venezia 2021

“Leda, professoressa di letteratura comparata, soggiorna in un'isoletta greca conciliando vacanza e lavoro. Decisa a starsene sola, rifugge da ogni contatto, finché non entra in scena una chiassosa famiglia allargata di gente un po' losca, che la infastidisce. Con l'eccezione di una giovane madre, Nina, legata da un rapporto simbiotico alla propria bambina. Osservandole, la prof è sopraffatta dai ricordi di un lontano passato, quando lasciò le figlie, ancora piccole, per seguire progetti di carriera e un nuovo amore. Mentre il paesaggio da cartolina dell'isola si fa cupo, assistiamo alle vicende della giovane Leda tramite una serie di flashback senza eccessi esplicativi. La figlia oscura è uno dei rarissimi film che interpellano lo spettatore su un soggetto tabù: il bisogno di una donna di allontanarsi da bambini in permanente domanda di attenzione. Chi lo prova è davvero, come pretende la vulgata, una cattiva madre? Leda capisce che anche Nina sta vivendo il suo stesso senso di asfissia; e, descrivendo la sensazione di quando se ne andò, confessa che fu "fantastica". Narrato in modo semplice e suggestivo, un film adulto, ottimamente recitato (anche dal ricco supporting cast) e che lascia intuire il grande potenziale di Maggie.”

Roberto Nepoti, “La Repubblica”

 

“La figlia oscura è un film nel quale gli atti ostili si alternano ad azioni che sembrano indicare la via per una redenzione. E dove il passato sembra generare il presente o, all’opposto, il presente pare fornire l’occasione per rivisitare e reinterpretare il passato. Leda nei suoi primi saggi che l’hanno resa una celebre studiosa parla, quando si riferisce al tradurre, di «attenzione», di «accoglienza», ma così non pare essere nella spiaggia della piccola isola greca. È distratta da sé stessa, poco disposta ad accogliere gli altri […]. In realtà, attenzione e accoglienza tornano d’attualità, quando la giovane mamma della famiglia chiassosa, Nina, pare ridestare in Leda ricordi e possibili forme di empatia. L’essere giovani e trovarsi prigioniere di un matrimonio, anche quando non ci sono i segni delle catene ai polsi. Questi sono gli indizi che sembrano accomunare Leda e Nina. «A volte mi spaventa il pensiero di non potermi prendere cura di loro. E se svenissi quando sono da sola con loro mentre tu sei in Arizona?». È uno degli accecanti ricordi di Leda. Una domanda d’aiuto a cui il marito risponde superficialmente con le più classiche delle rassicurazioni. Leda non deve preoccuparsi, non deve temere, è una madre. Che per l’uomo è sinonimo di amore incondizionato e indubitabile. Ma è proprio così? E non intravedere le crepe che in ogni essere umano si formano, non è una forma di prevaricazione? Il meccanismo narrativo che procede per frammenti utili a ricomporre l’intera figura, suggerisce di non andare oltre con le spiegazioni di alcuni elementi significativi. Arriveranno le risposte o, quanto meno, […] tutto troverà una spiegazione.”

Mazzino Montinari, “Il Manifesto”